18 Gen 2023
By redazione Gimme5
Se ormai da tempo siamo abituati a sentire parlare di inflazione e dei danni che provoca ai nostri risparmi, forse non tutti conosco un altro fenomeno dal nome abbastanza simile: la shrinkflation.
Mettiamola così: se un tempo ti servivano 5 morsi per gustare la tua merendina preferita, oggi ne bastano solo 4. Ma scopriamo meglio perché si verifica questo fenomeno e chi sono i responsabili.
Sono stati i giornali britannici a battezzare questo fenomeno con il nome di shrinkflation, ovvero shrinkage che sta per “contrazione” e inflation ossia “inflazione”.
La shrinkflation indica la prassi sempre più diffusa secondo cui vengono ridotte le dimensioni o i quantitativi dei prodotti all’interno delle confezioni dei beni di largo consumo, mantenendo però il prezzo invariato, se non addirittura aumentandolo.
Questa pratica avviene sotto lo sguardo inconsapevole del consumatore che non si sofferma a controllare se siano variate le dimensioni del pacchetto. Senza accorgersi di nulla, però, i consumatori subiscono un aggravio delle spese, in quanto, a parità di costo, le quantità di prodotti acquistati si riducono sensibilmente: secondo Consumerismo No Profit, la shrinkflation riesce a svuotare i carrelli degli italiani fino al -30%.
A lungo andare, ad accusare il colpo, sono i risparmi dei cittadini. Infatti, la shrinkflation causa una sorta di inflazione occulta che si aggiunge a quella “ufficiale”, svantaggiando doppiamente i consumatori.
Se da una parte ci rimettono i consumatori, dall’altra le aziende produttrici ci guadagnano, in quanto per incassare lo stesso denaro possono ridurre la produzione.
Le aziende sono spinte ad adottare questa pratica, in particolare, durante periodi di forte inflazione come quello che stiamo vivendo. In questo modo, non aumentano i prezzi, evitano di dare ai consumatori la sensazione di starsi impoverendo a tal punto da dover ridurre gli acquisti.
Grazie a una serie di inchieste di Altroconsumo, sono state raccolte una serie di segnalazioni nel corso del 2022.
Tra le principali pratiche identificate in Italia troviamo:
Il caso più conosciuto è quello di Toblerone: qualche anno fa, per far fronte all’aumento del costo del cacao, il produttore Mondelez cercò di allungare lo spazio tra un “dente” e l’altro, riducendo così la quantità di cacao necessario alla produzione. Gli affezionati clienti si lamentarono a tal punto che la società dovette ripristinare la forma originale. Un caso simile è accaduto con le barrette Dairy Milk prodotte da Cadbury.
Le segnalazioni non riguardano solo i generi alimentari (sia i cibi che le bevande), ma coinvolgono anche prodotti per la cura della casa e l’igiene personale.
La shrinkflation è un tema caldo tanto che l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha accolto le denunce di Codacons e Consumerismo No Profit, attivandosi per verificare che le strategie adottate dai produttori non consistano in una vera e propria pratica commerciale scorretta che viola il Codice del consumo. L’Antitrust deve accertarsi quindi che i produttori inseriscano nelle etichette dei prodotti l’effettivo cambio di formato, in modo da informare correttamente i consumatori.
Sebbene non sia semplice, si possono seguire alcune pratiche per cercare di arginare il fenomeno della shrinkflation:
E ricorda che se scopri una confezione ingannevole puoi segnalarla alle associazioni dei consumatori e alle autorità competenti che indagheranno sulla pratica.
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