Il Distretto italiano del Fintech – Finanza in Tasca

Lifestyle | 7 min

26 Mag 2023

By redazione Gimme5

Come si sviluppa un distretto tutto italiano del Fintech?

Ne abbiamo parlato insieme a Chiara Padua, Deputy Head di Fintech District, nella puntata inaugurale della Seconda stagione di Finanza in Tasca.

Partiamo dalle basi: cosa si intende per Fintech?

Quando si parla di Fintech si intende l’utilizzo di strumenti digitali applicati in ambito finanziario e tutte quelle aziende che in questi ultimi dieci anni si sono proposte con questo approccio, sfidando gli operatori tradizionali.

La loro ascesa è stata rapida per la capacità di rispondere in maniera mirata a specifici bisogni dei clienti finali.

Col tempo la contrapposizione con le istituzioni finanziarie tradizionali si è trasformata in alleanza e la collaborazione è diventata il driver di sviluppo dei servizi finanziari. L’Open Innovation si è dimostrata la via per rispondere in maniera rapida a un consumatore sempre più esigente ed evoluto. Si tratta di una vera e propria rivoluzione che ha cambiato il modo di fare finanza: gestione patrimoniale, prestiti aziendali e personali, crowdfunding, trasferimenti di denaro sono stati ripensati.

A essere coinvolte non sono state solo le istituzioni finanziarie, ma anche imprese che oggi possono utilizzare l’embedded finance per creare nuovi modelli di business.

In questo contesto si colloca il Fintech District. Cos’è e di cosa si occupa?

In questo contesto nel 2017 è nato Fintech District, una community internazionale di aziende fintech e techfin che ha l’obiettivo di creare proficue connessioni con tutti gli stakeholder.

Da un lato aiutiamo le fintech a crescere e a scalare il mercato, dall’altro promuoviamo una cultura innovativa dei servizi finanziari.

Sono diverse le iniziative che portiamo avanti in questo ambito, per esempio, all’interno del nostro evento annuale Milan Fintech Summit esiste la MFS University per far comprendere agli studenti le potenzialità del fintech come opportunità lavorativa, dare strumenti di educazione finanziaria, far capire quanto il settore possa essere utile ai fini della sostenibilità.

fintech district

Dalla vostra posizione, avete un’overview completa del fintech italiano. Quando è scoppiata la scintilla, ovvero, quando si è iniziato a fare fintech in Italia e quali sono stati i principali cambiamenti negli anni?

L’Italia ha visto l’inizio della rivoluzione finanziaria digitale con un leggero ritardo rispetto ad altri Paesi europei e le prime fintech nostrane sono nate intorno al 2015. Un paio di anni dopo se ne contavano una trentina e le potenzialità del mercato erano ormai chiare, così è nata la nostra community che oggi conta più di 250 aziende, circa il 60% di quelle attive nel Paese.

Nel 2022, ben due aziende del fintech italiane hanno raggiunto lo status di “unicorno”, ovvero di una valutazione superiore a 1 miliardo di dollari, che testimonia il grado di maturità del mercato.

Il 25% delle aziende della nostra community, circa 60, sono TechFin, ovvero realtà che supportano non solo il mondo dei Financial Services con nuove tecnologie per ottimizzare i processi, aumentare l’efficacia del servizio e migliorare la customer experience, ma anche altri settori. Questo trend, in costante crescita, denota una sempre più evidente contaminazione delle tecnologie disruptive nel mondo della finanza tradizionale.

L’evoluzione del mercato ha imposto una revisione della tassonomia della nostra community per via dello sviluppo di nuovi verticali che si sono affermati nel tempo, come per esempio il “Real Estate Fintech” o “Crypto & DeFi”. A testimonianza di come quest’ultimo sia diventato rilevante basti pensare che a dicembre 2022, Banca d’Italia ha lanciato una “Call for Proposal” con tema DLT.

Alla base della vostra realtà ci sono le relazioni: perché è importante creare un network tra Fintech? Quali sono i principali benefici che può apportare alla community?

Crediamo in un approccio di collaborazione in cui non si gioca più da soli, ma insieme ad altri attori per portare sul mercato in tempi rapidi nuovi servizi a valore aggiunto. Un rapporto win-win: gli operatori tradizionali arricchiscono la propria offerta e fidelizzano i clienti, le Fintech scalano il mercato.

Per questa ragione è importante connettere le varie azienda tra loro, affinché si conoscano e comprendano, con l’obiettivo di lavorare insieme. È facilmente evidente quanto siano importanti le connessioni che creiamo tra Fintech e operatori tradizionali in community, spesso sono il primo passo per partnership strategiche.

E se nel 2022 il Fintech District ha continuato a crescere confermandosi, in Italia e all’estero, un punto di riferimento per lo sviluppo dell’Ecosistema Fintech e per la diffusione dell’Open Innovation. Un traguardo che testimonia come il Fintech italiano è cresciuto a sua volta e di questo non possiamo che essere contenti e orgogliosi.

Quali sono le principali esigenze dei risparmiatori oggi e quali sono i trend nel settore che si consolideranno in futuro?

Il WealthTech ha “democratizzato” gli investimenti, agevolando una maggiore accessibilità a questa tipologia di servizi anche per investitori retail, oltre a supportare gli attori più tradizionali su una radicale trasformazione digitale. Credo che questa sia stata una delle risposte più forti a un’esigenza, forse inespressa, del mercato.

Per quanto riguarda i trend: il primo è l’Embedded Finance che, infatti, sarà il fil rouge del prossimo Milan Fintech Summit. L’ampia adozione degli smartphone e la fruizione di quasi tutti i servizi attraverso app ed esperienze digitali hanno agevolato l’incorporamento dei servizi finanziari nell’offerta di operatori di altre industry. Questo è testimoniato dall’aumento di investimenti di Venture Capital in quest’area che sono più che raddoppiati tra il 2020 e 2021. Si stima che il valore di mercato totale dell’Embedded Finance raggiungerà i 7 trilioni di dollari nel 2030 (dati tratti dalla ricerca Fintech Waves, a cura di Fintech District e EY).

Il settore dei pagamenti si conferma in massima forma. Per esempio, nella nostra community il numero di aziende in questo settore in due anni è aumentato del 47% e, in particolare in quest’area, le Fintech risultano essere più mature grazie alla collaborazione con incumbent finanziari e di altri settori.

Infine, negli ultimi mesi al Fintech District abbiamo molto ragionato sul concetto di sostenibilità e deciso di creare la sotto-categoria “Fintech for good”. Trasversale alla nostra tassonomia, ci consente di individuare subito quali aziende della community abbiano un business model volto alla sostenibilità o abbiano sul mercato un prodotto e/o una soluzione con aspetti ESG. Crediamo che la sostenibilità sia un elemento centrale e che i prodotti e servizi finanziari digitali siano più efficaci e inclusivi per natura e possano generare un impatto positivo.

 

Ascolta la puntata di Finanza in Tasca

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